sabato 17 marzo 2012

6. BISOGNA CHE SIA INNALZATO IL FIGLIO...

IV Domenica di Quaresima - Anno B - 18 marzo 2012
di Luigi Mariano Guzzo

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Giovanni 3,14-21
E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,
perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna».
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
Dio non ha mandato
il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.
Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.
Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.



Mosè alza un serpente di rame. E’ un modo per salvare gli ebrei morsicati dagli aspidi: chi guarda l’asta resta in vita (Nm 21, 9). Paradossale vero? Il serpente da causa di morte diviene occasione di salvezza.
C’è un grande insegnamento in tutto ciò: per togliere le negatività dalla nostra vita è necessario trovare la forza di guardare il male e non avere paura di affrontarlo a quattr’occhi. Scappare serve a poco. Bisogna rimanere; coscienti degli errori, delle paure, delle angosce che attanagliano le nostre esistenze.
La croce di Cristo incarna il dolore del mondo; un dolore innocente, forse finanche inconsapevole, ma straziante nella sua ignara crudeltà. Dal legno della croce –ch’è legno di morte- per noi filtrano i raggi della vita eterna. Basta guardarla!
“ … Ha tanto amato il mondo”. Anche Dio fa le sue dichiarazioni d’amore. Ed è un amore che non giudica, anzi lascia liberi di accoglierlo.
Dio ama a prescindere. Quando si dice che l’amore è cieco …

Omelia di Padre Pasquale Pitari


Riflessione di Antonio Di Lieto



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